E come potevano noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Parafrasi
E come facevamo noi, poeti,
a continuare a scrivere durante l’oppressione nazista,
col piede degli stranieri sopra al nostro cuore,
tra i morti abbandonati sparsi sui prati congelati,
col pianto innocente dei bambini,
e l’urlo disperato della madre che cercava il figlio,
impiccato a un palo del telegrafo?
Anche le nostre cetre, per un voto di silenzio,
oscillavano appese inerti, al triste vento di guerra.
Commento
Questa poesia, scritta da Salvatore Quasimodo e pubblicata per la prima volta nel 1946, per poi essere ripubblicata nel 1947 nella raccolta Giorno dopo giorno. Prima di tutto, dobbiamo dire che è composta di endecasillabi e, che il tema trattato è reale, perché parla della seconda guerra mondiale e del periodo della resistenza ai tedeschi. La poesia è stata costruita a partire da un passo biblico, il Salmo 136, che racconta degli israeliti che, deportati a Babilonia, si rifiutano di cantare lontani da casa loro. Questa poesia, sta a significare, come vivesse Quasimodo in quei tempi, visto che tutti gli scrittori erano oppressi dai nemici tedeschi. Sul finale si intravede la riflessione sulla poesia in quella cetra appesa, poiché nemmeno i poeti possono più cantare; la poesia rimane impotente e sconcertata davanti alle brutture del conflitto mondiale. In questa poesia si trovano delle figure retoriche, fra cui delle allitterazioni, come cantare/ Con il piede straniero sopra il cuore; metafore; metonimia; la sinestesia; analogia e degli enjambement.
Comments