La resistenza contro la mafia
Parte I
Breve storia della lotta alla mafia nel fascismo
Il 25 Aprile di ogni anno si celebra la Liberazione dell'Italia dalle truppe fasciste e l'occupazione nazista, ma vi è un'altra forma di resistenza, altrettanto forte, da tenere sempre a mente: una resistenza molto particolare che si rinnova di giorno in giorno. La resistenza contro le organizzazioni mafiose.
Già prima dell'avvento del Fascismo, molti giuristi valenti e uomini di Stato avevano capito la mafia - per esempio Sidney Sonnino e Leopoldo Franchetti nella loro celebre Relazione sulla Sicilia - ma per qualche ragione non furono creduti. Possiamo dire che le figure del Franchetti e del Sonnino rappresentano forse il primo vero passo di definizione della mafia, mutuando dall'esperienza del Barone Niccolò Turrisi Colonna, che scrisse il pamphlet intitolato Pubblica Sicurezza in Sicilia 1874, che riconobbe quella che lui soprannominò come «setta dei tristi».
Col Fascismo la lotta alla mafia ebbe un ruolo non proprio secondario, poiché il Duce aveva capito che la mafia faceva male non tanto all'Italia in quanto tale, ma al Partito, visto che in Sicilia il PNF era comunque visto ancora con scetticismo e dubbio. Così nomina come prefetto di Palermo Cesare Mori che attua una politica repressiva della mafia, intendendola come una guerra (l'assedio di Gangi, infatti, è un'azione di guerra, isolamento totale della città con interruzione idrica e elettrica ecc.). Di per sé l'idea di utilizzare come mezzo di persuasione le famiglie non era sbagliata, visto che la mafia tiene alla famiglia, ma erano sbagliati i metodi troppo poco ortodossi tipici della violenza fascista. La propaganda portò a credere infatti che il problema mafia fosse risolto, quando invece era solo stata zittita con la violenza. Diceva il Prefetto due cose che sembrano scontate, ma non lo sono - segno che la sua adesione al fascismo era tutt'altro che voluta - «Se la mafia fa paura, lo Stato deve farne ancora di più» e, altra citazione che riportano le cronache «Costoro non hanno ancora capito che briganti e mafia sono due cose diverse. Noi abbiamo colpito i primi che, indubbiamente, rappresentano l'aspetto più vistoso della malvivenza siciliana, ma non il più pericoloso. Il vero colpo mortale alla mafia lo daremo quando ci sarà consentito di rastrellare non soltanto fra i fichi d'india, ma negli ambulacri delle prefetture, delle questure, dei grandi palazzi padronali e, perché no, di qualche ministero». Perché sono così importanti: primo perché aveva capito la pericolosità della mafia e dello stesso fascismo, in secondo luogo aveva capito che se la mafia si trova dentro uno stato che non è in grado di gestirla, essa sarà come autorizzata a compiere i suoi atti. In quel frangente Mori era convinto di combattere la mafia coi metodi più crudeli che potevano esistere, ricevendo, però, l'effetto contrario. Ma è la seconda citazione quella più importante, perché è uno spaccato delle ideologie giuridico-politiche della mafia. In quel periodo, infatti, si consideravano come unica entità criminale e i briganti e i mafiosi, ma Mori spiega che sono due cose separate per un dettaglio sottile ma importante: la politica. Mentre i primi non avevano nulla a che vedere con la politica, i mafiosi, invece, intessono rapporti politici per rafforzare il proprio potere dentro e fuori dal luogo dove consumano i delitti.
Il dettaglio che balza all'occhio è che Mori non è un fascista della prima ora, si iscrive al partito solo un anno dopo essere stato nominato prefetto di Palermo, tanto da essere soprannominato il prefetto socialista dallo stesso Mussolini. Una figura alquanto particolare ma fondamentale per capire la lotta alla mafia ,se così si può chiamare, di quegli anni. Mussolini decise di destituire Mori non appena si accorse che questi stava prendendo troppo sul serio il suo lavoro, arrestando anche mafiosi iscritti al partito.
Ad ogni modo, la propaganda chiude il capitolo Mafia ed anzi ne fa fiore all'occhiello. Peccato che la maggior parte dei mafiosi scappa in America o rimane in Sicilia continuando a lavorare nascostamente. Ma questo non interessava più di tanto, l'importante era aver demolito la mafia - anche se de facto nulla fu demolito, ma solo zittito -.
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