Per le Nostre notizie cultura tre Lorenzo
Cremonesi, intervistato dal direttore Marco Venezia ci racconta del suo ultimo libro “Guerra infinita” in gara al premio Croce.
Il giornalista nel suo libro ci riporta tutti i conflitti che hanno avuto forte impatto nella politica e nell’economia mondiale. Il libro nasce da una preoccupazione civile e ci racconta che, ad un certo punto, dopo aver lavorato 40 anni come giornalista ed in particolare come inviato di guerra, si sia reso conto come l’occidente non sia in grado o meglio dire pronto a trattare di tematiche belliche e, di conseguenza ci è difficile comprendere la guerra continuando perciò a vivere in una condizione beata che prende piede alla nascita dell’ombrello Nato subito dopo il termine della Seconda guerra mondiale.
Cremonesi dichiara fermamente di detestare le guerre, di esserne terrorizzato in quanto non finiscono mai e, solitamente, generano altre guerre. Il fenomeno bellico è difficile da eliminare e da togliere dalla testa degliuomini in quanto si incancrena nella psiche degli individui diventando un vero e proprio status mentale che porta a ragionare e agire in maniera violenta.
Nel libro Cremonesi ci racconta molto della sua infanzia: nasce nel 57’, 12 anni dopo il termine del secondo conflitto mondiale, era legato ai movimenti della sinistra ex-parlamentare che aveva due radici: da una parte c’era il pacifismo e dall’altra l’esaltazione dei partigiani. Gli anni 70’ si presentavano come lo step finale delle rivolte partigiane del 44’ e lui li visse a pieno. Queste due radici sono dunque presenti nel suo pensiero e nel suo modo di essere. A lui la guerra fa enormemente paura ma sa che essa fa parte del nostro mondo; noi invece l’abbiamo rimossa perché credevamo non potesse più toccarci.
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Tutti i conflitti a cui ha assistito da quarant’anni a oggi sono conflitti dettati dalle armi: sono state le armi sul campo a determinare lo status quo finale.
Tutto ciò per dire che si rende conto, specialmente avanti agli orrori del Califfato - si parla dunque di 2011\12\13 - che noi non siamo pronti, non capiamo che è presente un’organizzazione militare terroristica a cui noi non abbiamo fatto assolutamente nulla ma che se la prende con l’Europa. Mentre Al Qaeda, che si manifesta in modo eclatante con gli attentati contro gli Stati Uniti del 11\01\2001, ha come principale nemico l’America, per l’Isis il nemico è il ventre molle dell’occidente, ovvero l’Europa, questo perché la religione cristiana è in crisi, perché hanno delle colonie di immigrati musulmani in Europa che possono facilmente reclutare e anche perché l’Europa è stato il potere coloniale dell’oriente. Tutto ciò noi non lo capiamo, o meglio, non vogliamo capirlo.
Inizia dunque a scrivere questo libro 10 anni fa e c’è un momento formativo: Sirte, qui nasce una filiale del Califfato che, nel 2016, è ancora forte tra Iraq e Siria. Qui c’è un forte conflitto sostenuto in toto dagli Americani che danno tutta la logistica e le intelligence come già era accaduto con i Curdi che sono stati sostenuti fortemente dall’America.
A Sirte Cremonesi arriva dopo tre o quattro mesi. Arrivano al porto e li si legge imponente una grande scritta in arabo “da qui conquisteremo Roma”, e gli italiani? Dopo i combattimenti a Sirte mandano un misero ospedale da campo in cui i medici avevano paura di curare i feriti a causa di rivalità e parteggiamenti; era un ospedale simbolico. Questa è la nostra miserrima politica; a combattere per noi ci sono gli americani. Ed è qui che scatta il libro e la riflessione sulla guerra.
L’inviato comincia a ragionare di quanto era bambino e di come la terra fosse incombente della sua famiglia; aveva due nonni: uno era stato segretario personale di mussolini quando era socialista quando poi divenne fascista, di conseguenza, il nonno si schierò con l’antifascismo poiché era liberale. Si discosta da Mussolini, crea un suo giornale che verrà perseguitato da farinacci e finisce povero e perseguitato. È la figura dell’intellettuale che, con la penna non può fare nulla. L’altro nonno vide i bombardamenti americani e la distruzione di un bellissimo appartamento a Milano che gli apparteneva. L’impoverimento della famiglia lo porterà al suicidio. Per questo a lui la guerra fa tremendamente paura e per questi motivi è così vicino ai bambini che vedono la guerra e che devono giustificare la morte. Noi occidentali la rimuoviamo e la chiudiamo negli ospedali, non vogliamo sentire parlare della morte ma c’è e nel mondo in cui ne parliamo si denotano anche i nostri atteggiamenti culturali e sociali.
Non siamo più abituati a vivere tutto ciò.
Il libro, per scelte editoriali, doveva uscire ad ottobre 2021 ma la guerra in Ucraina, che occupa una piccolissima parte del libro, è la ciliegina sulla torta che ci fa capire che la guerra è così vicina a noi e se dovesse arrivare noi ne saremmo vittime. La guerra c’è e ci deve interessare perché non c’è mai stato e mai ci sarà un momento della storia in cui non ci sia stata la guerra o la minaccia di un conflitto ed è questa l’essenza del libro.
Le Nostre notizie augura a Lorenzo Cremonesi tanta fortuna e di poter continuare a raccontarci gli orrori della guerra con tanto coraggio.
Ringraziamo il capo ufficio stampa di RCS e tutti coloro che hanno permesso di poter realizzare questo doppio articolo con Lorenzo Cremonesi.
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