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Quando la mafia non fa politica (editoriale)

In nessun partito, almeno da quello che si legge sulle principali fonti di informazione, il programma elettorale ha pensato a svolgere un serio contrasto alla criminalità organizzata - seppure annualmente viene ricomposta la Commissione Bicamerale d'Inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata -. Nessun partito ha avuto in mente il fatto che, probabilmente, la pandemia prima e la guerra poi, rappresenta un periodo florido per le associazioni criminali (basti pensare ad esponenti delle cosche che "truffavano" sulle mascherine).

La mafia quando fa politica? Fa politica quando fa comodo, quando c'è da condannare, con retoriche affermazioni, eventuali manifestazioni d'odio mafioso verso le Pubbliche - e libere - Istituzioni della Repubblica, quando ci sono anniversari e in pompa magna in prima fila i politici fanno a gara a farsi vedere; ma poi nel concreto non fanno alcunchè. Siamo nell'ipocrisia politica più totale. Un politico, oltre alle manifestazioni, deve rendersi conto anche della pericolosità di tale fenomeno - basta prendere un semplicissimo giornale che di tanto in tanto pubblica notizie in merito a blitz antimafia - che è esponenzialmente aumentato a causa dei recenti eventi critici mondiali - e quindi la mafia di tutto il mondo ha chiaramente colto la palla al balzo per esercitare gli affari illeciti - ma è un trucchetto vecchio quanto il mondo, basta pensare al proibizionismo -.

Non esiste parola che non sia accompagnata da fatti. In Italia, a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale che aveva dato ultimatum a Maggio di quest'anno e che, probabilmente sarà verosimilmente, almeno in teoria, la prossima legislatura a prendere in mano le redini della situazione, il Legislatore era tenuto a modificare la portata, in chiave costituzionale, dell'art. 4 bis del COP (Codice Ordinamento Penitenziario). Questo è avvenuto? In circa 18 mesi dalla pronuncia della Corte dei Giudici delle Leggi, no. Ed è un fatto gravissimo. Nessuno Stato ha la quantità di norme che riconoscono e contrastano l'associazionismo mafioso - a partire dal 416 bis del codice penale -. Eppure sembra che la mafia non sia il problema; anzi si soprassiede in una spaventosa connivenza che riverbera i danni sulla "povera gente"-.

Aspetto ancora più scandaloso è che si continua a proporre l'abolizione della Legge Severino. Nulla di più sbagliato, la Legge Severino nasce dall'intento di proteggere la democraticità dello Stato e, se un parlamentare ha l'immunità secondo le disposizioni Costituzionali, un soggetto che prende attivamente parte all'attività politica in enti autonomi come Province, Regioni, Comuni, Città Metropolitane, ed è colluso con la mafia, non può esercitare la sua carica che verrebbe "sporcata" dalla Mafia. La sospensione preventiva del soggetto rappresenta una misura cautelare per proteggere la città, provincia o regione ove opera - non è raro sentire che politici vengono arrestati con l'accusa di associazionismo mafioso o concorso esterno in esso con tutta una serie di reati contro la pubblica amministrazione annessi e connessi -.

I politici invece di ammazzarsi tra chi vuole l'eolico e chi il nucleare, pensassero a un modo per proteggere sia l'eolico che il nucleare da eventuali ingerenze mafiose. Se parlano di ambiente, ponessero il problema dello smaltimento illecito di rifiuti che ha avvelenato le terre del Sud; risolvere i problemi, se li si vuole davvero risolvere, è semplice. Ma a quanto pare, in Italia, parlare di mafia va bene sono nelle ricorrenze e non, come dovrebbe essere, sempre.

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